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Festival della politica di Mestre: città metropolitana

  • Immagine del redattore: nivesgargagliano
    nivesgargagliano
  • 14 set 2014
  • Tempo di lettura: 3 min

Sabato 13 settembre, al festival della politica di Mestre, c’è stato un dibattito sulla città metropolitana presentato da Cacciari, Pellicani e Paolo Perulli. A parte la finta funzione “analitica” con cui i primi due si sono autocelebrati, uno dei quali potrebbe a breve rivestire anche un ruolo di tipo politico, vorrei soffermarmi su alcune analisi di Paolo Perulli. Egli infatti parla di Global City Region, ossia di una città regione. Ebbene noi tutti sappiamo, più che bene, che i nostri paesi veneti, come accade anche in tutto il resto dell'Italia, tutto sono, tranne che hinterland di metropoli. Al contrario, tolto il piccolo hinterland veneziano, la maggior parte dei comuni della regione, posseggono una forte identità del tutto slegata da qualsivoglia concetto di città-metropoli. Si è anche detto che occorre fare molta attenzione a non “ricentralizzare”, in virtù anche di quel principio di sussidiarietà che la stessa Europa ci suggerisce. Allora perché applicare e voler necessariamente calare una idea di metropoli in un contesto italiano, laddove vere metropoli non esistono, a partire da Venezia, di cui tutto si potrebbe dire, tranne che essa possa essere definita come una metropoli. Salta ancora più all’occhio tale contraddizione, nel momento in cui Cacciari e Pellicani gridano a gran voce l’assoluta necessità che il perno per salvare Venezia e farla sopravvivere, sia la rielaborazione di una nuova legge speciale per Venezia. Ironicamente si potrebbe anche dire che il programma che ormai risuona nelle nostre orecchie, dalle voci di Cacciari, Pellicani, ma non solo, : gli stessi concetti sono stati enunciati in altre occasioni da Casson, Bettin e compagnia cantando, quasi siano ormai diventati lo Slogan dell’imminente campagna elettorale. Insomma, è chiaro : o la legge speciale o nessuna speranza per Venezia! Frase che riflette la totale assenza di un programma alternativo, che non sia quello di tentare di elemosinare soldi da Roma, che per carità può anche essere corretto, ma che dimostra la reale politica fallimentare portata avanti fino a due mesi fa dalla precedente Giunta. Non dimentichiamoci, che lo stesso entourage che ora mette pubblicamente alla gogna Zappalorto, è il medesimo che per 4 anni ha governato questa città. Quindi, se Venezia, lungi dall’essere una Metropoli, pare voglia essere definita una città Speciale, allora la domanda sorge spontanea: qualcuno sa spiegare come farà il nuovo sindaco di una città così “Speciale” a riuscire a coordinare non solo la sua città, cosa che non è riuscito a fare nemmeno il sindaco “non” metropolitano, ma anche un hinterland così eterogeneo? Noi storicamente siamo l’Italia dei comuni , no di certo, l’Italia delle grandi città metropolitane, pertanto tale legge è errata a partire dal suo titolo. Avrebbe avuto molto più senso parlare di una legge sul: Coordinamento tra Comuni. Noi dovevamo seguire una strada del tutto opposta, che era quella di dare più poteri ai comuni e al territorio. Ciò che è successo col Mose è anche frutto del fatto che il comune di Venezia non è delegato a governare interamente tutti i processi in atto all’interno della sua laguna. Concludendo: è stato detto che la politica deve inseguire e governare i processi spontanei che avvengono sul territorio per ricondurli ad una capacità di governo. Ottimo concetto, che però a me pare vada nella direzione opposta a quella di un consiglio metropolitano, quale organo di secondo livello, non eletto a suffragio universale, presente nell’attuale legge da poco approvata. Immagino già la felicità dei comuni di quella che sarà la ex- provincia, circa il fatto che il sindaco di Venezia sarà automaticamente anche sindaco metropolitano. Quindi , tutto si può dire, tranne che si vada verso una vera partecipazione territoriale.

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